Nel lungo e fruttuoso rapporto di collaborazione con Olivari, Ponti mette a fuoco due tipi di approccio al disegno della maniglia. Uno, organico, più funzionale, in cui la leva si offre alla presa della mano modellandosi secondo un disegno sinuoso. L’altro, invece, geometrico, in base al quale è la mano ad adattarsi “naturalmente” alla forma. Il primo lo ha portato a disegnare “forme indipendenti”, più espressive e influenzate da esigenze di tipo ergonomico.
Il secondo, invece, lo ha spinto nella direzione “di forme lineari e coordinate” che ricercassero un’armonia d’insieme rispettosa dell’ambiente e della sua “chiarezza logica”. Questo secondo approccio emerse con forza quando Gio Ponti si trovò a disegnare la maniglia per il grattacielo Pirelli.
— Bilia, lampada da tavolo, Fontana Arte 1931
Il modello che ne scaturì, Lama, condensa questa sua visione dove è la “simbologia classica” a prevalere sull’approccio “funzionale”.
Alla purezza geometrica della sua forma, talmente assottigliata da equipararla una lama fa da contrappunto la studiatissima definizione dei raggi che addolciscono il profilo tagliente dei suoi contorni sottili.
— San Francesco al Fopponino, Milano 1964 (courtesy OSC)